Login
Cerca nel sito
Ecomondo Rimini – Key Energy_: Opportunità, Futuro e Imprese Green. |
![]() |
![]() |
![]() |
Scritto da Francesco Campus | |
Ecomondo Rimini – Key Energy. Opportunità, futuro, e imprese green tra Africa, Europa e Italia. Si è svolta dall’8 all’11 novembre presso la fiera di Rimini il consueto evento di Ecomondo, dedicato all’economia circolare che quest’anno poggia su 4 pilastri: gestione rifiuti, bioeconomia, trattamento acque, bonifica siti contaminati. Grande successo di interesse e importante affluenza di pubblico, al punto che si sono create lunghe file di macchine in prossimità della fiera e dei principali caselli autostradali. In contemporanea si è svolta, nello stesso complesso fieristico, anche Key Energy. Importante manifestazione dell’Italian Exhibition Group dedicata alle energie rinnovabili e alla diversificazione delle fonti energetiche. Nell’ambito dell’evento ci sono state numerose conferenze alcune delle quali dedicate agli investimenti ecosostenibili in Africa organizzata dall’ICE (ITA, Italian Trade Agency) in cui varie istituzioni finanziarie hanno spiegato quanto ci sia da fare nel continente meno elettrificato, e quanto sarebbe opportuno lavorarci per quelle imprese italiane che ne hanno la possibilità. In particolare lo specialista di energie rinnovabili dell’African Development Bank Group ha illustrato gli obbiettivi che si prefigge di compiere la strategia di finanziamenti attraverso lo sviluppo di infrastrutture, l’elettrificazione, l’attenzione a problemi della scarsità di cibo con misure che sviluppino l’agricoltura sostenibile, la qualità della vita in genere, ed altri aspetti ancora. Ad oggi dal 2016 l’AfDB ha finanziato progetti per la realizzazione di impianti di produzione di energia per circa 3 GW, 2,3 dei quali di energie rinnovabili, migliaia di km. di linee elettriche di trasmissione che hanno consentito congiuntamente con altri interventi, l’accesso all’elettricità di circa 20 milioni di persone. La Banca Europea degli Investimenti (EIB), con sede in Lussemburgo e 54 uffici nel mondo, ha illustrato i propri traguardi sia in Europa (dove è investita la gran parte dei capitali), che negli altri continenti. In linea al 100% con gli accordi di Parigi, per il 2025 si prefigge di destinare il 50% dei propri fondi a progetti per la sostenibilità ambientale e l’azione contro il cambiamento climatico. In particolare nel 2021 il settore dell’energia solare è stato destinatario di gran parte delle allocazioni. Mentre nello storico e nel presente della EIB ci sono ingenti finanziamenti per impianti eolici off shore a largo delle coste europee. La tendenza ad aumentare gli investimenti extra europei sta comunque aumentando, in particolare verso l’Africa. Il Marocco ad esempio, è un Paese molto interessante in questo senso, dal momento che ci si è prefissa di ottenere il 52% di energia da fonti rinnovabili entro il 2030. Lo scenario italiano è caratterizzato da una crescente consapevolezza della popolazione della necessità di interventi urgenti per portare avanti la transizione ecologica, cammino che dovrebbe proseguire nonostante al ministero sia stato cambiato nome in Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. Ci si augura che le misure del governo in carica consentano un forte sviluppo delle rinnovabili, come dichiarato dal ministro che ha parlato, proprio ad Ecomondo, dell’obbiettivo di autorizzare in 5-6 anni (il tempo di una legislatura), 70-80 GW di rinnovabili. Una previsione, verrebbe da dire, forse un po' troppo ottimistica, considerato che attualmente il fotovoltaico installato nel 2021 è solo circa 1 GW (935 MW), cui si aggiungono 404 MW di eolico. E che al ritmo attuale, di 1,4 GW all’anno, per fare 70-80 GW ci vorrebbero almeno 50 anni. E anche se ci si tenesse sul pur ambizioso obbiettivo di arrivare a “soli” altri 70 GW “entro il 2030”, bisognerebbe installare più di 8 GW all’anno. Il neo-ministro, già vice-ministro per lo Sviluppo Economico del governo Draghi, comunque ha ribadito che il governo vuole perseguire l’obbiettivo di abbattimento del 55% delle emissioni al 2030 e del 100% al 2050. Le cose da fare sarebbero molte, a cominciare dal semplificare l’iter autorizzativo dei grandi impianti fotovoltaici, cosa che renderebbe più umano il noto percorso ad ostacoli. Ostacoli spesso pretestuosi, al limite del kafkiano e del grottesco, o poco oggettivi, cui si aggiunge l’incertezza delle tempistiche. Anche per questo ci sono circa 280 GW di domande di connessione il cui esito è ancora sconosciuto. Circa 4 volte l’obbiettivo prefissato per il 2030. Anche se il 2022 portasse a 3 GW l’installato totale tra eolico e fotovoltaico, saremmo ben lontani dallo smaltire le varie richieste e soprattutto dal raggiungere il ritmo necessario a raggiungere i target che ci aspettano a fine decennio. Ma occorre sforzarsi di semplificare gli aspetti burocratici, sia per i piccoli impianti, che per quelli di media e grande taglia. E lo stesso vale per le CER. Eppure le imprese che hanno investito nel green in Italia sono cresciute (forti specialmente quelle della Lombardia, del Veneto, del Lazio, della Campania), così come è importante la richiesta di profili green qualificati e come crescono le assunzioni. Ma con un match tra domanda e offerta di lavoro, notevolmente inferiore a coprire le necessità e a soddisfare, anche economicamente, la potenziale offerta di lavoro, anche qualificato. L’Italia brilla però per il riciclo dei rifiuti dove è ben superiore alla media europea. Le start up attive sul territorio nazionale, hanno mostrato la loro vitalità nei numerosi stand regionali (Lazio, Sardegna, Emilia Romagna ad esempio), presenziati da imprese innovative. Quello che colpisce è la determinazione di molti operatori nel superare i numerosi problemi che emergono. Ci si augura che l’intelligenza di chi lavora nella lotta al cambiamento climatico possa essere ascoltata da chi disegna le politiche ambientali. Ad esempio le Comunità Energetiche Rinnovabili, (le CER), costituiscono uno strumento indispensabile per diminuire tanto la dispersione energetica quanto per aumentare la produzione capillare e condivisa di energia pulita. Ma le normative sono ancora complesse, gli oneri da adempiere anche, e non è facile costituire e far funzionare una comunità, incentivi compresi. Tanto è vero che sono pochissime quelle operanti sul territorio nazionale, nonostante l’interesse crescente. Anche il settore dell’edilizia ha avuto una forte spinta dall’ambito green, in congiuntura con le misure che hanno rilanciato i cantieri come il superbonus 110%, attualmente sotto modifica. Ora i nuovi impianti fotovoltaici potrebbero aumentare sia le installazioni che i fatturati delle varie imprese installatrici. Assente totalmente o quasi dal dibattito, direi inspiegabilmente, l’aspetto relativo ai limiti dello sviluppo connessi con l’attuale crescita demografica mondiale (8 miliardi in due secoli, la differenza con gli anni scorsi e l’overpopulation mondiale). Sarebbe ora che anche le manifestazioni che vedono protagoniste le imprese accettassero di dibattere dei temi come l’incremento demografico globale, e di osservare i numeri e di collegare fenomeni come il consumo di suolo, il riscaldamento del pianeta e la mostruosa perdita della biodiversità, con l’inevitabile impatto che 8 miliardi di abitanti, affamati di materie prime, cibo, indumenti e spostamenti, hanno sul pianeta e sul suo equilibrio, sempre più compromesso. Nel 1928, (solo 106 anni fa!), eravamo “solo” 2 miliardi, e nel 1803 “solo” un miliardo. Oggi, a distanza di due secoli, siamo 8 volte tanto. E la media impronta di carbonio pro-capite è certamente più impattante oggi che 2 secoli fa. L’accelerazione brusca conseguente all’industrializzazione, alla rivoluzione energetica, al mondo dei trasporti e dello sfruttamento massivo delle risorse fossili (gas, petrolio, carbone), ha portato a una crescita rapidissima delle emissioni di GHG. E ad un’impennata del riscaldamento globale. Fare meno figli a livello globale avrebbe un effetto positivo, cioè porterebbe a ridurre le emissioni, a frenare il riscaldamento globale, la perdita di biodiversità, le deforestazioni, la produzione e la dispersione di plastiche, l’overfishing, e via discorrendo. L’impronta di carbonio di un indiano è inferiore a quella di un cinese, di un italiano o di un americano. Ma tutti vogliono consumare, e di conseguenza finiscono/finiamo per inquinare. Per ora si sta lavorando soprattutto a cercare di de-carbonizzare l’esistente, ma forse sarebbe opportuno riflettere sui limiti dello sviluppo, e anche sulle parti meno “note” ma non meno importanti dell’ultimo report IPCC sul ruolo fondamentale della crescita demografica rispetto al cambiamento climatico. Un paio di letture da mettere a confronto potrebbero essere il noto “The limits of Growth” del 1972, e il successivo “The limits of Growht: the 30 years update” del 2013. Ma gli spunti di riflessione, nella realtà e nella letteratura scientifica, sono talmente tanti che sfugge come si possa sperare in un cambio di marcia senza uscire dalla dimensione nazionale delle analisi, guardando al problema globale come frutto di politiche nazionali sommate e interagenti, che si influenzano tra di loro e che talvolta finiscono per fornire alibi per continuare ad agire BAU (Business As Usual). Dovremmo smettere di contrapporre scioccamente l’economia all’ambiente. In realtà i dati dimostrano che l’economia può crescere meglio se viene sviluppata in modo realmente sostenibile, incentivando comportamenti e scelte d’acquisto non inquinanti, e scelte di vita lungimiranti.
( 5 Votes )
|